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Ma dove finirà il nostro mondo senza una Fuchsia nostrana?

Orticolario. Fuchsia 'Blacky'

Fuchsia ‘Blacky’

Nell’anno della Fuchsia

Agli inglesi piace farlo.
Anche ai francesi in modo più creativo.
Nei Caraibi avviene ad ogni angolo di strada.
In Italia solo uno o forse poco più.

Eppure è facile.
Si prende un fiore di una varietà che ci piace.
Si tolgono gli stami, i batacchi che portano il polline e si lascia solo il pistillo e questo sarà il nostro fiore femmina. Quello che porterà il frutto e che farà maturare i semi risultato del nostro incrocio. Il babbo della nostra nuova varietà arriverà da un altro fiore di un’altra varietà.
Si taglia il pistillo che è il “coso” centrale più grosso degli altri e si tengono solo gli stami, i batacchi porta polline. Poi si usa un pennellino sottile e piccino e si preleva il polline che deve essere ben maturo. Si deve come sgranare.
Caricato il polline sul pennello lo si porge, delicatamente, sulle labbra del pistillo. Che nelle fucsie sta tutto ben protetto dai petali e dai sepali, le gonnelline che formano il fiore.
Una volta depositato lo si lascia lì fecondo e fecondante.
E da quel momento si aspetta scacciando altri impollinatori insetti o famigliari che vogliano inquinare la nostra produzione, riproduzione insomma.

Una volta maturo il frutto lo si coglie, lo si monda dalla polpa e lo si lascia asciugare.
Prima di seminarlo però è bene scalfire in qualche modo la buccia del seme.
Una volta piantato si attende che germini.
Una volta germinato si aspetta che fiorisca. Una volta fiorito si guarda il fiore.
Molto saranno simili alla mamma, altri al papà. Qualcuno sarà molto brutto altri completamente insospettati.

Pazienza e perseveranza sono le parole chiave dell’ibridazione.
Ma in Italia si fa poco.
Nemmeno un’associazione Italiana e pochi iscritti all’associazione internazionale delle fucsie.

Ma dove finirà il nostro mondo senza una Fuchsia nostrana?

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