Viaggio con paesaggio della seduzione di Afrodite

Testo di Eleonora Diana

Puntata 2

Il profumo ha un valore rituale inestimabile ed è anche una pratica estetica e sociale antichissima, condivisa da moltissimi popoli. (> Natura sensitiva e i balsamici degli dei)
Nel mondo greco, il valore sociale del profumo viene espresso chiaramente, attraverso testimonianze della letteratura e varie prove iconografiche e archeologiche.
La euodia è il buon odore, di dei e valorosi ed è la manifestazione di un privilegio, la charis, ovvero “grazia” condivisa dagli eroi con gli immortali.
Inoltre, è il segnale del cambiamento che avviene nella fisicità e nella gestione della sessualità di una donna: da vergine a sposa. In quel momento l’essenza odorosa diventa un elemento dell’arsenale che il femminile usa per guerreggiare con l’altro sesso, convincerlo o distrarlo da suoi obiettivi1.
Chi può essere la dea protettrice di una dote così meravigliosa e portentosa? Ovviamente l’incantatrice Afrodite, che si muove in un paesaggio specifico, caratterizzato da specie vegetali ben definite e che punisce i blasfemi con il cattivo odore.

Afrodite, la divinità del profumo


Associata al profumo, è nume dalle infinite sfaccettature. È dea dell’amore, “inteso anche come attrazione delle varie parti dell’Universo tra loro”2, è “dea della vegetazione”3 (Ανϑεια), simbolo di fecondazione e generazione. Incarnazione di tutte le sfumature del piacere, prende il nome dalla spuma del mare (ἀϕρός) da cui il mito la fa nascere. La luminosità, insieme alla profumazione fragrante, è una delle sue caratteristiche chiave. Spesso è chiamata infatti “aurea” (χρυσέη o χρυσῆ) e “amante del sorriso” (φιλομμειδής). “Afrodite d’oro, o ornata di attributi aurei, è una dea al massimo del suo splendore, è modello di bellezza superlativa, radiosa, affascinante e perfetta, apice del piacere sessuale”4.

Il femminino che rappresenta non è univoco: per una serie di riferimenti mitologici, Afrodite incarna moltissimi aspetti dell’unica e antica divinità pre-ellenica dagli enormi poteri, la Grande Madre, triplice e lunare.
Secondo lo storico Robert Graves, nel mito pelasgico della creazione, Afrodite non è solo la dea che, con un altro nome, emerge nuda dal Caos, divide le acque dal cielo, danza sulle onde e si unisce al serpente Ofione dando vita all’Uovo Universale da cui tutto nasce, ma è anche la divinità della morte, detta Melenide “la nera”, Scotia “l’oscura”, Androfone “omicida” ed Epitimbria, “delle tombe”5.
Potere seduttivo, generativo, fascino erotico e… morte.

Le funzioni del profumo


Il profumo usato dalla dea ha una triplice valenza.
È un elemento salvifico e legato al mondo rituale funerario: nell’Iliade, cospargendo Ettore con olio di rose, impedisce che il corpo del principe morto venga dato in pasto ai cani per mano di Achille.
Ha una funzione farmacologica: tra medicina e magia, guarisce la gamba di Enea, permettendogli il rientro in battaglia. La dea aiuta il medico Iapige che non riesce ad estrarre la freccia, recandosi a Creta, sul monte Ida, per raccogliere dittamo di cui versa versa l’essenza, unita all’ambrosia, nelle acque con cui il medico deterge la ferita6.
È funzionale all’attrazione estetica, alla seduzione e alla malìa: nell’Iliade, per sedurre e distrarre il suo sposo Zeus dagli aiuti ai Troiani, Afrodite suggerisce Era mentre si lava, si unge e si profuma:

Entrovvi: e chiusa la lucente soglia,
Con ambrosio licor tutto si terse
Pria l’amabile corpo, e d’oleosa
Essenza l’irrigò, divina essenza
Fragrante sì che negli eterni alberghi
Del Tonante agitata e cielo e terra
D’almo profumo rïempía. Ciò fatto,
Le belle chiome al pettine commise,
E di sua mano intorno all’immortale
Augusto capo le compose in vaghi
Ondeggianti cincinni. Indi il divino
Peplo s’indusse, che Minerva avea
Con grand’arte intessuto, e con aurate
Fulgide fibbie assicurollo al petto.
Poscia i bei fianchi d’un cintiglio a molte
Frange ricinse, e ai ben forati orecchi
i gemmati sospese e rilucenti
suoi ciondoli a tre gocce. Una leggiadra
e chiara come sole intatta benda
dopo questo la Diva delle Dive
si ravvolse alla fronte. Al piè gentile
alfin legossi i bei coturni, e tutte
abbigliate le membra uscì pomposa,
ed in disparte Venere chiamata, 7

Si aggiunge il tocco essenziale di Afrodite nell’episodio in cui Atena aiuta Penelope nel detergere il viso, consigliandole lo speciale olio immortale della dea dell’amore, affinché diventi bellissima.
Nell’Inno omerico dedicatole, la dea usa un olio profumato ammaliante per sedurre Priamo a Troia, e nelle Nuvole di Aristofane viene in aiuto delle giovani spose alla vigilia della prima notte di nozze. Come? Consigliando profumi.

Dea della vegetazione, dal colore di rosa


Questo legame con la profumazione è ancor più intrigante perché lei è anche “dea della vegetazione”.
Il suo arrivo o la sua presenza risveglia la natura, nei boschi e nei giardini profumati a lei sacri, dove è possibile la sua epifania e dove molto probabilmente hanno luogo i riti iniziatici di maturazione sessuale.
“A questo proposito Esiodo raccontava che tenera erba germogliò sotto i piedi della dea appena giunse a Cipro”8.
Saffo, parlando dei riti iniziatici, la lega agli altari fumanti di incenso, a boschi di meli e a rose, a lei tanto cari, a fiori e acque.
L’Inno omerico ad Afrodite ricorda gli odorosi giardini di Pafo a lei sacri.
Strabone racconta di come in Elide ci fossero recinti pieni di fiori in suo onore.

Secondo miti e leggende, è all’origine dei fiori profumati e del loro fascino, anche se la rosa è tra i simboli a cui il suo potere si collega.
‘Colore di rosa’ (rhodochrous), è uno dei suoi epiteti: nello stesso giorno in cui la divina emerge dalla schiuma del mare, la rosa è nata dal punto in cui un arbusto è stato bagnato da una goccia di nettare degli dèi. Le rose sono quelle selvatiche, ovvero Rosa gallica, damascena e canina. Quest’ultima, arrivata in Grecia dalla Persia, è l’ultima a fiorire e la prima a morire: con la sua caducità e con il forte profumo, diventa simbolo dell’esplosione breve e intensa dell’amore erotico e di Afrodite stessa.

Così altre storie di fiori divini: la pianta della licnide nasce dall’acqua del bagno della dea dopo la sua unione con Efesto, l’anemone dalle sue lacrime dopo la morte di Adone, il giglio è ‘delizia d’Afrodite’ perché dello stesso colore della pelle della dea.

Come “dea della vegetazione”, nei suoi boschi e i giardini sacri, compare in un’atmosfera sonnolenta e languida:
«Un’ombra fresca è proiettata dalle rose, mentre sul luogo spirano dolci brezze e all’agitarsi delle foglie si stende su tutti i convenuti un torpore (v. 8 κῶμα, “coma”), che non è un semplice sonno per stanchezza, bensì una sospensione progressiva dalle consuete percezioni sensoriali, una sorta di ‘stato ipnotico’, un improvvisio silenzio della natura, innescato dallo stormire delle fronde, in risposta all’imminente teofania di Afrodite. Sono di Ferrari le più recenti riflessioni sul κῶμα, da Omero ai grandi tragici, quale “sonno infuso da un sortilegio, da una volontà esterna” che “permette l’aggirarsi della dea nel luogo che le è consacrato”; dunque una condizione psichica, unica e straordinaria per chi la sperimenta, che sola consente di vivere in prima persona l’improvviso mostrarsi di Afrodite»9.

Il paesaggio della seduzione


Con la definizione di “paesaggio della seduzione”, Mauro Menichetti indica un topos letterario legato ad Afrodite o a tutti coloro che si muovono nel suo regno, simbolo di una precisa metamorfosi femminile o delle conseguenze degli atti seduttivi della dea. Il paesaggio di Afrodite, seducente e rigogliosa, è lo spazio fisico ed emotivo dove la donna si trasforma da vergine in sposa, con tutta la consapevolezza erotica che questo richiede.
Nell’analisi di Claudia Labrugo il prato rugiadoso, le erbe e i fiori che profumano la dea o l’accompagnano nelle sue epifanie, si legano sempre ai contesti seduttivi erotici dove agisce.
In alcuni passi della letteratura, a questi elementi essenziali del suo orizzonte naturale, se ne aggiungono altri come la grotta, la rigogliosa e profumata vegetazione e la vite pendente, gli uccelli che nidificano, la sorgente e la sua acqua in corsa, i prati fioriti di viole e di sedano.

Dal prato fiorito rugiadoso primaverile e profumato alla sua rosa, il suo papavero, la sua mela, il suo melograno e il suo mirto, creano lo spazio tradizionale dell’azione della dea o anticipazione del ratto in cui dee o donne vengono rapite e si trasformano, attraverso l’amplesso, in “spose”.
Si aggiungono altri fiori come il giacinto, il giglio e il narciso che compaiono in celebri prati, teatro di due rapimenti femminili: quello di Persefone che raccoglie rose, e quello di Europa che, con le compagne, è intenta a cogliere anche fiori di viola, di serpillo e di croco in riva al mare.

Il mirto è la pianta della seduzione per eccellenza e il primo melograno è stato piantato dalla dea a Cipro, la sua isola sacra e protetta. Insieme alla mela, è tra le offerte votive che i giardinieri fanno a Priapo, figlio di Afrodite e dio che simboleggia l’istinto sessuale e la forza generativa, il giardiniere per eccellenza, per propiziare la fertilità del giardino.
Riguardo ai riti nuziali, Stesicoro ricorda che mele, foglie di mirto, corone di rose e ghirlande di viole furono lanciate sul carro di Menelao ed Elena nel giorno delle nozze.

La mela è un classico dono d’amore che l’amante offre all’amata, perché questa comprenda l’interesse erotico di cui è l’oggetto. Accettandola, risponde con una promessa di offerta del proprio corpo, e scambia così una mela con la propria verginità.
Quando il rosso pomo viene donato da Afrodite, la portata simbolica della dea della seduzione, della vita e della morte si esprime con tutta la sua forza. Lei offre il suo corpo, l’amante la vita:
«il cosiddetto “giudizio di Paride”, dove un eroe è invitato a giudicare la bellezza di tre dee rivali per poi donare una mela alla più bella, rispecchia un’antica situazione rituale, già superata ai tempi di Omero e di Esiodo: le tre dee sono la dea trina, e cioè Atena la fanciulla, Era la vegliarda e Afrodite la ninfa che offre a Paride la mela anziché riceverla dalle sue mani. Il frutto, che simboleggia l’amore della dea ottenuto a prezzo della vita, sarà il lasciapassare di Paride per i Campi Elisi, il giardino di mele dell’Occidente, dove sono ammesse soltanto le anime degli eroi. Episodi simili si ritrovano tanto nelle leggende irlandesi e gallesi quanto nella leggenda di Eracle e delle Esperidi.
Eva, la madre di tutti i viventi, dona una mela a Adamo. Nemesi, dea del sacro bosco, e più tardi simbolo di vendetta divina sui re troppo arditi, regge un ramo carico di mele, dono per gli eroi. Tutti i paradisi dell’età del bronzo sono isole-giardini. Paradiso infatti significa giardino»10.

Il papavero è un altro dei fiori a lei collegati. Anche se presente soltanto nell’Afrodite di Sicione, ‘signora dei talami’, la capsula di papavero, da lei tenuta in mano, indica le sacre proprietà psicotrope che, per alcuni, aiuterebbero la vergine a trasformarsi in sposa, per altri, ad alleviare tutti gli effetti fisici nel petto che l’amore provocherebbe nella sua vittima, chiamato eros lysimelés (λυσιμελής), “che scioglie le membra”:
«eros, su cui Afrodite domina incontrastata, si presenta come un’invincibile forza esterna che afferra colui che prova desiderio, agendo sull’organo che per i Greci è sede delle emozioni, ossia il petto, e inondando il cuore per sottometterlo. La malía di eros, concetto nel quale desiderio sessuale e sentimento affettivo costituiscono un tutt’uno senza pregiudizi morali di sorta, aggredisce, avviluppa, brucia, strema, stronca, infine scioglie le membra di colui che ne è colpito, procurando un senso di torpore, appagamento e benessere, vagamente simile al sonno e alla morte, accomunati entrambi non a caso all’eros dalla medesima capacità di sciogliere le membra»11.

Le punizioni del fetore


Tanto il buon odore è sacro e legato ad Afrodite, tanto il cattivo odore, oltre ad avvolgere specifici ambienti o creature malvage (> Natura sensitiva e i balsamici degli dei) diventa punizione della dea stessa contro i contravventori alle sue prescrizioni, rendendoli riconoscibili attraverso un fetore, come per le donne di Lemno che, dimenticando di dedicarle sacrifici, acquistano un odore nauseabondo. Tradite dai mariti a causa del loro olezzo, un giorno sgozzano tutti gli uomini dell’isola.

I cattivi odori, tuttavia, al di fuori del mondo greco, possono diventare alleati come protezione contro entità sovrannaturali e demoni dell’aldilà.
«In un manoscritto sanscrito, l’aglio viene definito “lo sterminatore di mostri”»12, la mummia di Tutankhamon è stata immersa nella mirra, perché il buon profumo possa conservare la bontà del faraone, ma è nel sarcofago insieme a teste d’aglio, nel caso in cui ci siano spiriti malvagi da affrontare .

I persiani tenevano ogni anno una festa dell’aglio: per i demoni si preparava un piatto a base di aglio, ruta e aceto, per farli fuggire di fronte all’odore nauseante.
«I babilonesi usavano l’aglio per esorcizzare gli spiriti dei posseduti; i calusari, danzatori catartici rumeni, indossavano trecce d’aglio come collane durante i rituali. Per non parlare, poi, di tutte le leggende dell’Europa centrale legate alle storie di vampiri»13.

Ecco allora che…
“Una donna senza profumo è una donna senza avvenire”
(Coco Chanel)

Note:

1 riferimento “Profumi e fragranze. Armi e paesaggi della seduzione in Grecia”
2 e 3 da Treccani
4 da “Fiori e piante di Afrodite in Grecia”, pag. 329
5 da “I miti greci”, posizione 833 edizione kindle
6 da “Le lacrime di Mirra: Miti e luoghi dei profumi nel mondo antico”
7 da “Traduzione dell’Iliade” Vincenzo Monti (Simplicissimus Book Farm Srl, 2011) ; pagina 6885
8 da “Le lacrime di Mirra: Miti e luoghi dei profumi nel mondo antico”; pagina 342
9 da “Fiori e piante di Afrodite in Grecia”; pagina 342
10 da “I miti greci” ; posizione 339 edizione kindle
11 da “Fiori e piante di Afrodite in Grecia”; pagina 368
12 da “Nel giardino del diavolo: Storia lussuriosa dei cibi proibiti”, posizione 3180 edizione kindle
13 da “Nel giardino del diavolo: Storia lussuriosa dei cibi proibiti”, posizione 3186 edizione kindle

Fonti:
“Le lacrime di Mirra: Miti e luoghi dei profumi nel mondo antico” Giuseppe Squillace (il Mulino, 2015)
“Nel giardino del diavolo: Storia lussuriosa dei cibi proibiti” Stewart Lee Allen (Feltrinelli, 2005)
“I miti greci” Robert Graves (Longanesi, edizione digitale 2014)
“Odissea” Omero, traduzione Maria Grazia Ciani (Marsilio, 1994)
“Traduzione dell’Iliade” Vincenzo Monti (Simplicissimus Book Farm Srl, 2011)
“Archeologia e analisi chimica dei profumi archeologici: uno status quaestionis” Dominique Frère, Nicolas Garnier
“Aromi di palazzo: per un’archeologia dei profumi nell’Egeo dell’Età del Bronzo” Massimo Cultraro
“Da Mārib a Gaza. Profumi d’Arabia e rotte carovaniere: fonti epigrafiche ed evidenze archeologiche dal paese dell’incenso” Romolo Loreto
“Profumi e fragranze. Armi e paesaggi della seduzione in Grecia” Mauro Menichetti
in “I profumi nelle società antiche. Produzione, commercio, usi, valori simbolici” a cura di di Alfredo Carannante e Matteo D’Acunto (Pandemos, 2012) da academia.edu
“Fiori e piante di Afrodite in Grecia” Claudia Lambrugo
in “Dei e piante nell’Antica Grecia. Riflessioni metodologiche, Efesto, Demetra in Grecia, Magna Grecia e Sicilia, Kore Persefone, Ecate, Apollo, Afrodite” Giampiera Arrigoni (Sestante Edizioni, 2018) da academia.edu
“La simbologia della flora nei giardini di Fileta e Dionisofane nel Dafni e Cloe di Longo Sofista” Cristiano Minuto da academia.edu
“«Tu apparirai d’oro, tu brillerai come l’elettro». Gioielli e lusso nei santuari greci tra culto, devozione e assimilazione” Luigi Caliò da academia.edu

Cerca